Con il dlgs 220/2023 sul contenzioso tributario, attuativo della riforma fiscale, viene introdotta la possibilità di proporre ricorso contro i dinieghi alle istanze di autotutela. Con il predetto Dlgs viene superato il principio della cosìddetta "definità degli atti" decorsi i 60 giorni dalla notifica.
Da oggi, le contestazioni contro gli atti tributari, non hanno più termine perentorio, atteso che è sempre possibile riaprire la strada giudiziale proponendo istanza di autotutela e impugnandone il diniego. L'art. 1 n. 4 del dlgs 220/2023 aggiunge agli atti impugnabili contemplati dall'art. 19 del dlgs 546/1992 la lettera g) bis, che introduce la possibilità di impugnare il rifiuto espresso o tacito sull'istanza di autotutela previsto dall'art. 10 quater della legge 212/2000, la lettera g) ter, che consente di impugnare il rifiuto espresso sull'istanza di autotutela nei casi previsti dall'art. 10-quinquies della legge 212/2000. Da oggi l'esercizio del potere di autotutela diventa quasi obbligatorio.
Esistono due diversi tipi di autotutela, quella obbligatoria (art. 10 quater legge 212/2000) e quella facoltativa (art. 10 quinquies). I predetti articoli vengono aggiunti allo statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), modificato dal dlgs 219/2023. Per la pubblica amministrazione, la prima costituisce un obbligo di ritirare spontaneamente gli atti, mentre la seconda costituisce una facolta della P.A di annullare gli atti illegittimi ancorchè definitivi.
Nel primo caso (autotutela obbligatoria) il ricorso sarà possibile anche se l'amministrazione rimane inerte, mentre nel secondo caso (autotutela facoltativa), sarà necessario ottenere dall'amministrazione un provvedimento di diniego per riaprie i termini. L'autututela obbligatoria soggiace nel termine di un anno dalla definitività del provvedimento tributario.